Evviva

Posted in fragole&cioccolato with tags , , on 23 Maggio 2010 by lunafragola

Oggi il mio blog compie 4 anni. Nonostante il poco tempo per scrivere e leggere gli altri blog, ho voluto ricordarlo, per non dimenticare quanto devo ad esso ed agli amici che qui ho trovato nel corso degli anni. E' sempre stato un piccolissimo blog con pochi commenti, ma tanto, tanto pieno di calore. Colore poco, perchè l'ho sempre dipinto d'azzurro nei due template che ho scelto, ma che ci posso fare, è il mio colore preferito e senza, non sarebbe stato proprio il mio blog. I ricordi si affollano alla mente e fanno ressa, confusione. Non li racconterò, sono troppi, però ci sono ed è questa la cosa più importante. Ho sempre pensato che nella vita ci vogliono tanti compagni di viaggio. Non importa se ti accompagnano solo per un giorno o per un anno, l'importante è averli conosciuti. Che poi qualcuno di loro sia anche diventato mio amico mi rende immensamente flice e mi onora.
Un bacio a tutti voi
P.S.: non so se è colpa mia o di splinder, ma non riesco più ad inviare pvt. Mi spiace moltissimo, ma non so proprio come fare.
Aribacio

Due sorelle

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 13 Maggio 2010 by lunafragola

Da tempo, ormai, non vivo più il piacere sottile, l’euforia e la gioia di un evento memorabile e magnifico. Io che faccio la spola da un problema all’altro, che arranco a fatica attraversando una vita costellata da dolori grandi e piccoli, ero disabituata ad aspettare con trepidazione qualcosa di così meravigliosamente bello da mozzare il fiato. Mia sorella si sposa. Il 30 maggio, davanti al sindaco, dirà a tutti e a tutto che si, lo vuole mio cognato e lui farà altrettanto, timido e schivo, col cipiglio burbero che mettono gli uomini buoni e riservati quando vogliono far credere di essere cattivissimi. Lei sarà splendente e sfolgorante tutta d’azzurro vestita e le faranno male i piedi in quelle deliziose scarpine grigie, ma alte e strette da morire e le colerà il trucco e parrucco per le lacrime copiose che, ne sono sicura, verserà abbondantemente, magari sulla giacca lustra e nuova del Primo Cittadino. Chi di noi ha fratelli e sorelle sa bene che la convivenza con essi a casa dei genitori non è facile né offre sconti. Si litiga come dannati ogni ora passata insieme, da bambini e da adolescenti e talvolta anche da giovani e più maturi individui. Io e mia sorella non facevamo eccezione. Abbiamo solo due anni di differenza, ma quando si è adolescenti la differenza è una voragine, soprattutto se lei è una decenne cazzuta e tremenda ed io una dodicenne remissiva e pigra. Il suo ritornello preferito, all’epoca, era:” Ma perché non sono io la maggiore?” Pensando a chissà quale privilegio che assolutamente non c’era, non essendo io Giacobbe e lei il fratello che avrebbe ereditato tutto. Sinceramente, per togliermela dalle palle, le avrei regalato la primogenitura per molto meno di un piatto di lenticchie. Leggeva il mio diario, la mia posta, mi ricattava affermando che, se non avessi fatto questo o quello , avrebbe raccontato a papà e mamma ogni cosa. La vita di una dodicenne di provincia alla fine degli anni sessanta era quanto di più noioso si potesse immaginare, però io tremavo dentro, perché ogni adolescente pensa di vivere in un dramma a fosche tinte al mattino e in una soap opera alla sera, così ero sempre all’erta, dubbiosa e incerta sul mio destino,  saldamente tenuto nelle mani della mia dolce sorellina. Mani che non esitavano a lanciarmi contro scarpe o altri oggetti se pensava che ce ne fosse bisogno. Con gli anni la nostra convivenza si ammorbidì moltissimo e andavamo d’amore e d’accordo con una complicità amplificata dal fatto che noi, dalla casa dei genitori, non ce n’eravamo mai andate.
Mia sorella è una persona che non ha mai accettato la nebulosità del grigio. Per lei tutto è sempre bianco e sempre nero, affronta la vita prendendola a morsi, anche se ne ha ricevuti altrettanti indietro. Ha l’umore variabile come un giorno di marzo e la pazienza di un gatto col mal d’orecchie. Non è mai banale, scontata o spenta e quando sei con lei da due minuti non sai se vuoi prima strozzarla o darle una botta in testa. Ma dietro a questa scorza d’acciaio pieno di punte di ferro, c’è un cuore vulnerabile e tenero e un amore profondo per tutti. E’ la mia ancora di salvezza e il mio rifugio, conosce tutto di me e mi ama senza riserve. Quando ha scelto di andare via da pomezia per inseguire il suo sogno, se n’é andata una parte di me. Ho sofferto per non esserle stata vicino in questo periodo di preparativi, nemmeno il telefono ci ha aiutate, perché a me il fisso ancora non lo hanno messo, ma tutto quello che potevo fare è stato fatto ed ora aspettiamo che arrivi il giorno fatidico: i parenti, gli amici, i fiori e compagnia bella, ma soprattutto noi, piccola famiglia, che una volta tanto piangerà di gioia.

 

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 19 aprile 2010 by lunafragola

ILSECCO E LABELLA II

Ilsecco ritornò a Pomezia molte altre volte da allora. Veniva spesso a trovarci e venivano anche gli altri, ma le cose erano cambiate. Ci vedevamo molto di meno rispetto a prima e il famoso trio di amiche un po’ sgangherate e folli, si era sciolto. Sissi era ritornata in Liguria, sposata e con un figlio e Labella era rimasta nel Lazio, con la stessa identica situazione. Io mi ero sposata l’insegnamento. Ero passata di ruolo, dopo alcuni anni di precariato e avevo iniziato ad insegnare in una piccola scuola di campagna sperduta nei meandri dell’Agro Romano. Finita la scuola e le sue leggi: compiti, interrogazioni, lezioni, compagni e professori, timori e tremori da scrivere sui diari e sui banchi, ora ero passata “ al nemico” e ci stavo a meraviglia. A pensarci bene, non ho mai smesso di andare a scuola, ho solo ricoperto tutti i ruoli possibili, a parte quello di direttore o bidello, e immaginabili. A poco a poco iniziai a fidarmi di questo uomo che pensavo così lontano da me e mi sorpresi a parlare con lui senza timore, anzi, nacquero complicità e stima tra di noi e pensavo che fosse finita lì. Ma  Ilsecco non è mai stato uno che fa le cose che fanno gli altri, un po’ cialtrone, guitto e perso in mondi tutti suoi, mi guardava con occhi nuovi anche se io non me ne accorgevo e fu così che me lo ritrovai un pomeriggio davanti al cancello, dopo la lezione, con mia sorella che scalpitava, perché doveva andare a lavorare. Ci riportò a casa e se ne andò sbuffando. Siccome non è certo un campione di bon ton, non ama i corteggiamenti lunghi e i giri di parole e, tempo mezz’ora, caffè, sigaretta e chiacchiere di prammatica, ci ritrovammo a fare l’amore e ancora adesso, dopo più di vent’anni, mi domando perché. Iniziò così una strana storia di incontri in luoghi improbabili: casa mia, sbattendo fuori mio fratello adolescente che ormai quando lo vedeva inforcava la bicicletta e filava dai suoi amici senza dire neanche “ba”, casa dei “Baffoni” o di altri amici compiacenti, vari uffici frequentati da Ilsecco per i suoi improbabili e variegati lavori e la macchina, quando proprio non sapevamo dove sbattere la testa. Una cosa è certa, tra di noi il feeling erotico e sessuale la fece sempre da padrone, ma credo che ad unirci fosse anche un’improbabile quanto inossidabile amicizia, fatta di risate, interminabili discussioni di politica e grande affetto. Fu il primo a chiamarmi quando morì mio padre e nel suo rude e stringato linguaggio, in quel frangente, riuscì perfino a dirmi che mi voleva bene. Me lo trovavo sempre vicino, in un modo o nell’altro, pronto ad ascoltarmi, così come io ascoltavo lui e le sue vicende sentimentali e i suoi amori impossibili con donne incredibili. Tutti noi assistemmo esterrefatti al matrimonio e quasi subitaneo divorzio tra lui ed una rampolla della Roma bene. Nel brevissimo periodo lui e Ladystocazzo” come l’avevano soprannominata i suoi amici più cari, ogni tanto venivano alle feste, anche se Ilsecco non era più lui, stranito e lontano, parlava in italiano e non ballava più, un’altra persona. Festeggiò il divorzio vincendo una gara di rutti con tutti gli amici, si vede che si era mantenuto in allenamento di nascosto. I nostri incontri di letto finirono con il suo secondo matrimonio, la seconda signora Ilsecco, aveva capito il tipo ed esercitava su di lui un ferreo controllo. Inoltre lui era più che trentenne e forse un po’ stanco di fare l’eterno giovane in amore. Dal canto mio, non avevo assolutamente mai pensato che tra di noi potesse funzionare una storia fatta di quotidianità. Ero convinta, forse mi sbagliavo, che non fossimo adatti a vivere insieme, troppo diversi o forse troppo uguali. In fondo, sia lui che io, le catene ce le siamo sempre messe da soli, ma nessuno è mai riuscito a domarci veramente. Ogni tanto mi telefona blaterando di week end in luoghi termali, cene di pesce e vino a volontà e, naturalmente, notti infuocate. Lo lascio parlare e gli dico di si, che ci sarò, ma dentro me, e anche fuori, sorrido e scuoto il capo. E’ venuto a trovarmi durante le vacanze di Pasqua: sempre magro come uno stecco, ma coi capelli tutti bianchi, il viso gonfio di cortisone e voltaren per un problema fastidioso alla schiena che non riesce a guarire. I meravigliosi occhi verdi erano nascosti dietro gli occhiali da vista che ormai porta sempre, ma ogni tanto lampeggiavano ancora e il suo sorriso è sempre sghembo e malandrino. Quando mi ha salutata la sua voce mi ha fatto venire i brividi, come tanti anni fa. Ci siamo fatti un caffè, abbiamo parlato, il figlio, la moglie, il lavoro, la scuola e poi è andato via dicendomi che mi telefonerà. Chissà dove non mi porterà stavolta?

Storie, stralci e stracci di vita sagittaria

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 8 aprile 2010 by lunafragola

ILSECCO E LABELLA    
Ilsecco e Labella si misero insieme nell’estate del ‘ 73, in un paesino della profonda provincia a nord di Roma dove tutti e due andavano da sempre con le famiglie a passare le vacanze estive. Si conoscevano da piccoli,le famiglie erano originarie del luogo,  nel paese abitavano uno di fronte all’altra, ma solo quell’estate ci fu quell’alchimia, quel momento particolare che decise( in parte) delle loro vite e della mia. Contrariamente a tutti i canoni classici, l’amore estivo divenne prima autunnale e poi invernale, insomma, Ilsecco e Labella si piacevano davvero. Lui tornò a Roma e lei a Pomezia, ma le loro orbite, ormai entrate in collisione, ci fecero vivere uno degli anni più fantastici della nostra giovinezza. Labella era la mia più cara amica delle superiori, quella che condivideva brufoli, scuola, compiti e amici in egual misura, quella inseparabile, quella unica e siccome non mi sono mai fatta mancare niente in fatto di amicizie, il duo era in realtà un trio consolidato e un po’ folle. Sissi era la terza di questa divinità blasfema, una e trina. Immediatamente, sulla scia dell’amore dei due, si innescarono altre scintille ed ecco Sissi innamorata del migliore amico de Ilsecco, il fratello, quello che era nato lo stesso giorno, mese e anno  e tutte quelle storie di onore, solidarietà, sangue e altro che permeano l’amicizia tra uomini. Io mi accontentai di sospirare per Ilsandro, riccioluto e timidissimo appartenente al gruppo dei “ragazzi di Roma”e assolutamente impermeabile, almeno all’inizio, alle mie sospirose e zuccherose fantasie. Per lui avevo perfino accantonato la mia cotta storica, fedele e ottusa per il ragazzo più bello del pullman che ci portava ad Albano, che regolarmente mi schifava avendo di meglio da fare. Ilsecco era bellissimo. Alto, magro, magro, con una massa di riccioli scuri illeggiadrita da una ciocca bianca proprio sulla fronte, le labbra carnose, il volto magro e mobile e il più bel paio di occhi verdi che avessi mai visto in un uomo. Vestiva con eleganza, sempre “in tiro”.Non l’ho mai visto con un paio di jeans e sempre con le cravattone col nodo grande come un mattone e le camicie dal collo con le punte lunghissime che andavano di moda allora. Era cinico, disincantato e aveva un sorriso sbilenco, quasi un sogghigno perenne, che ti inebriava. Una voce bassa, sottile, ma roca che ti entrava prima nei pori della pelle e poi nelle vene. Come tutte le fanciulle grasse e complessate, ero intimorita da lui, convinta che mai e poi mai egli mi avrebbe degnata da uno sguardo. In primis, era il ragazzo della mia amica quindi intoccabile,inoltre, aveva un tale codazzo di giovani e bellissime ragazze che lo desideravano, lo blandivano, minacciavano Labella di morte violenta ogni momento, che proprio non avevo avuto per lui nemmeno il più lieve barlume di interesse. Non riuscivo nemmeno ad essere disinvolta con lui, esile e disincantato diciannovenne mentre avevo subito legato col cugino, un diciassettenne come me, bello come il sole, però infinitamente più alla mano e conviviale de Ilsecco.  Di solito ci vedevamo il sabato e la domenica ed erano feste, uscite, risate , balli sfrenati, pomiciate caldissime e gioia. Per fortuna i nostri genitori erano molto permissivi per i canoni dell’epoca e potevamo folleggiare con loro quanto ci pareva. Oltretutto Sissi era quasi sempre da sola a casa e, con la scusa di dormire da lei, glissavamo anche le blande proteste della famiglia. Purtroppo Labella chiuse bruscamente il rapporto, perché si innamorò di quello che ora è suo marito senza se e senza ma, lasciando Ilsecco, i ragazzi di Roma e noi con un palmo di naso. Naturalmente i rapporti si diradarono quasi fino a scomparire lasciandoci vedove, me e Sissi, quasi inconsolabili. Io tornai alla mia cotta a senso unico per il bello del pullman e lei ritrovò il suo amore di sempre con il quale qualche anno più tardi si sposò. Ma un tenue filo ancora ci legava a quella banda di giovani cittadini . Rorò, che aveva amoreggiato con Baffo, si innamorò di lui e lui di lei e così si sposarono. Il matrimonio dei due fu l’occasione per rivederli tutti, bellissimi ed elegantissimi, una sera d’estate. Baffo era un altro grande amico de Ilsecco, uno del gruppo storico, perciò lui finì con me a fare da testimone. Con il consueto cinismo mi fece il suo sorriso sghembo e mi strizzò l’occhio durante tutta la cerimonia. Io non sapevo più dove guardare e tremai tutto il tempo di disagio e vergogna.
CONTINUA…………………………………….

 

Non solo caffè!

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 31 marzo 2010 by lunafragola

Se c’è una cosa che ho imparato dalla vita è che per fortuna si può cambiare idea. Ho sempre guardato con meraviglia le persone granitiche, quelle che hanno certezze, che sono inflessibili e non cambiano mai gusti, opinioni, idee. Anche io ho avuto pensieri irremovibili per tantissimo tempo. Odiavo il computer, lo detestavo, compiangevo chi lo usava. MAI avrei toccato quel coso, MAI lo avrei usato. Ora non posso farne a meno. Così era per le tisane, il the e la camomilla. Mia madre ci dava le due bevande solo quando stavamo male ed io le associavo ai mal di pancia, alla febbre, al malessere e le detestavo. Eppure mio padre era un bevitore accanito di the. Lui lo chiamava “chai”, come mia nonna, una delle tante parole del rumeno che erano rimaste nel loro lessico veneto, aggrappate come ostriche allo scoglio. Per tutta la vita ( quella che ho potuto passare con lui), l’ho visto bere il chai della sera, bollente, forte, con pochissimo limone e tanto zucchero. Ma questo non bastava a fare di me una sostenitrice della bevanda. Io adoravo il caffè, in tutti i modi possibili e immaginabili. Le tisane, poi, mi facevano sorridere. Se qualcuno me le offriva rifiutavo con garbo e dolcezza, ma dentro me pensavo: “ Mamma mia, la tisana proprio no. Invece  adesso mi scopro a cercarle nei supermercati,comprarle e, soprattutto, a berle. La mia preferita è la camomilla al miele e vaniglia che ho scoperto addirittura d’estate, grazie ad una mia amica con lo stomaco delicato che la usava. Passammo un po’ di giorni insieme e lei ne aveva veramente tante: digestive, rilassanti, depurative, tonificanti, astringenti, contro la caduta dei capelli, per i calli e il mal di schiena. Quelle rilassanti e digestive non hanno un sapore proprio meraviglioso, perciò le bevo poco, ma gli infusi ai frutti mi piacciono molto e ce ne sono tantissimi: frutti rossi, neri, viola, a pois, arancio e cannella, mela e melissa, pesca e dragoncello, tarassaco e limonicchio, ribes e alchimilla, le ho bevute quasi tutte. Non so ancora dire bene se lascerò definitivamente il caffè per loro, però sicuramente un posto nel mio pensile ce l’hanno. In questo inverno così freddo, me le bevevo la sera, come coccola finale, prima di dormire e di staccare la spina. La mattina la dedico al caffè e la sera alle tisane e alle camomille. Ora ho preso il thè verde e quello al bergamotto, non sia mai che non assaggi tutta la gamma. Certo ci sono effetti collaterali piuttosto spiacevoli, devo correre in bagno molto più spesso, ma è un piccolo prezzo che pago volentieri.

Ah……..Buona Pasqua a tutti eh?

Chi ben comincia…………………..

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 8 marzo 2010 by lunafragola

Stare nella nuova casa è come essere in campeggio. E’ tutto in mezzo, ti lavi con mezzi di fortuna, ti pettini con quello che trovi e senza guardarti allo specchio, ti asciughi con un asciugamano casuale trovato in fondo ad una sacca e mangi pizza o panini a pranzo e cena. La differenza è che il campeggio, di solito, è d’estate mentre ora è inverno e dopo la doccia non bastano un costume o un pareo per vestirti ed uscire.Meno male che non sono vanitosa e in genere mi guardo poco allo specchio, altrimenti avrei avuto di sicuro un attacco isterico all’idea di asciugarmi i capelli senza vedere come fare la piega. Questa è una casa dove, se compri qualcosa di nuovo, devi prima buttare quello vecchio, altrimenti non c’entra. Non sono tipo da ninnoli, fronzoli e centrini e lo scatolone coi soprammobili lo porterò direttamente alla bancarellara del mercatino dell’usato, così avrò una casa spartana e severa. Sabato sera ci ho dormito per la prima volta ed è stata una sensazione stranissima………..Da una parte non vedevo l’ora, è un mese che vago per la città e dormo da mia cugina, non ne potevo più, dall’altra, ero spaventata, esitante. Io mi devo adattare a lei e lei a me, ai suoi spazi, ai nuovi punti di riferimento, alle ombre diverse che crea, al chiasso della strada di fuori.Ho imparato subito che devo spogliarmi e vestirmi lontano dalla finestra, qui siamo uno in bocca all’altro e se sporgo un po’ il naso scopro quello che la dirimpettaia ha fatto per cena. In compenso, la nuova via è meglio di facebook, ho incontrato gente che non vedevo da millenni, addirittura i miei compagni dell’asilo, altro che scuola superiore! La mia casa è nella parte vecchia di Pomezia, la prima che è stata costruita, ci abitano le famiglie storiche come la mia, sebbene noi fossimo sulla via Roma, un tempo. Ma come capita su facebook, dopo i primi salamelecchi, gli “Oh”, “Ah”, “Mortacci tua, da quanto nun se vedemo”, “ Te possino ammazzatte, ma ‘ndo eri finita?” in genere non ti cagano più e chi si è visto, si è visto. A me va di lusso,frequento pochissimo facebook e non ho voglia di frequentare nemmeno loro. In compenso, la mia vicina di casa, una signora sugli ottanta, mi ha già chiamata tre o quattro volte per sintonizzarle i canali e lancia lodi sperticate a Dio, perché ora non è più sola. Addirittura mi aveva proposto di andare a vivere con lei, se volevo. Meno male che c’è anche mio fratello, così ho garbatamente rifiutato. E’ una signora dolcissima e simpatica, sicuramente qualche volta mi offrirà un caffè ed io accetterò, magari uno se lo berrà anche da me, ma non credo che andremo oltre a questo.Intendiamoci, io le sorrido e sono gentile con lei e correrò quando mi chiama, se ha bisogno, è anziana e zoppica, ma non ho più l’età per fare la badante, anche se ho lontane radici rumene. Sabato sera mio fratello non c’era ed ho dormito da sola. Ufficialmente non è venuto, perché non aveva fatto la borsa, ma io so che finchè non avrà messo a posto la televisione non verrà e che per lui adattarsi è molto più difficile che per me. Per fortuna ce l’ho a mezzo servizio con Lalla e da me torna solo per dormire, però quella notte mi sono mancati i tipici rumori di una altra persona in casa. Un colpo di tosse, un russare morbido, i passi esitanti e sonnacchiosi per andare al bagno ed un’eventuale parolaccia se si inciampa in qualcosa. Ma ero così stanca che mi sono addormentata quasi subito e in un attimo era già mattina, il primo giorno nella nuova casa.

Interregno

Posted in fragole&cioccolato with tags , , on 23 febbraio 2010 by lunafragola

Lo so, latito. Lo so, sono sparita, ma vivo sospesa in un limbo e i limbi, di qualunque natura siano, disancorano dalla realtà. Se non avessi la scuola a ricordarmi chi sono e che ho un posto nel mondo, probabilmente mi troverebbero a vagare come Diogene in cerca dell’uomo, la differenza è che io cerco di entrare nella mia casa e non ci riesco. Muratori a mezza giornata, solo sabato e domenica, pavimenti scalzati, tubi rotti, pareti da dipingere, mobili da cambiare, manco avessi affittato Versailles o, come la Vittoria Beckam, volessi soggiornare al castello sforzesco di Milano. Intanto è arrivata e partita la neve, la grandine, la bufera e persino la tramontana. Io ho perso la bussola e combinato un pasticcio con internet, perciò mi ritrovo senza adsl. Per fortuna che a scuola ce lo hanno attivato ed eccomi qui. Ma con parsimonia, che il tempo è poco, i computer sono solo tre, vecchi e malandati, e le classi tante. E’ arrivato internet, ma per noi non è mica finito il medioevo, eh no. Miei amatissimi bloggers, scusate se non vengo a trovarvi come vorrei, nel frattempo, almeno scrivo un piccolissimo post.

Un bacio a tutti.

La ragazza che va sposa

Posted in fragole&cioccolato with tags on 14 gennaio 2010 by lunafragola
 

Quando si fa un trasloco la difficoltà non sta nelle cose da riporre, gli scatoloni da  riempire, ma è il percorso che devi intraprendere durante tutto questo che non si digerisce mai. Anche se devi andare in un posto più bello, verso una vita magnifica, c’è sempre qualcosa che perdi incamminandoti verso una nuova meta. Forse chi si può permettere una ditta di traslochi che impacchetta, imballa, smonta e poi ricostruisce, soffre di meno, ma io che devo sempre cercare di muovermi a costo zero, la via crucis me la faccio tutta quanta. Come quando scopri le lettere che tua madre scriveva a tuo padre anche dopo molti anni che era morto, carte che ti eri rifiutata di leggere cinque anni fa e che adesso chiedono un tributo, non si possono ignorare per sempre. Come quando ritrovi le foto di quando eri giovanissima e bella e allegra, con gli occhi luminosi e la bocca aperta in una meraviglia che credevi eterna. Come quando devi decidere cosa portare delle stoviglie buone di tua madre e sai che tua sorella ne ha talmente tante che non può più esserne depositaria, perché non sa dove metterle. Allora fai una cernita e tieni solo quelle indispensabili, le altre le destini altrove. Posso tenere molto poco in questa nuova vita. La casetta che mi ospiterà è la metà di questa e non c’entra quasi niente di quello che ho. Ho dato via l’armadio della mia camera e la sala da pranzo farà la stessa fine. Mobilini e mobiletti che costellavano la cucina e il corridoio sono andati al robivecchi, chissà se ne farà legna da ardere o troverà un compratore, io non li posso tenere. E i miei libri andranno ad un’associazione culturale che vuole iniziare una biblioteca. Di questo sono contenta, l’altra volta qualcuno l’ho dovuto buttare e mi è dispiaciuto tantissimo. Mi sono accorta, però, che in questo cambiamento c’è meno dolore rispetto a quello di cinque anni fa. Sarà perché questa casa non ha mai visto un attimo di serenità, che è passata di mano due volte, con me dentro, e per due volte ho rischiato di non abitarci più. Ero sempre in bilico qui dentro, anche se la casa è bellissima, coi pavimenti rosa e le pareti bianche che si illuminano quando c’è il sole. Ma non c’è mai stata gioia e allora lo strappo è meno doloroso stavolta, più consapevole. Anche se mio fratello afferma sconsolato che il prossimo trasloco sarà in una baracca col fuoco in mezzo al pavimento, anche se non so dove mettere i detersivi e gli scopettoni, anche se la casetta, essendo al primo piano ha le inferriate alle finestre, una cosa che odio con tutte le mie forze, memento e simbolo dell’epoca di barbarie in cui viviamo, come se  inferriate e fossati avessero mai fatto desistere qualcuno dal commettere qualcosa di male. Forse si affaccia adesso la nuova vita, quella di una ragazza che si sposa e costruisce una nuova casa, la sua. Arriva tardi , la nuova vita e non c’è sposo che attende la ragazza, né ci sarà più. Ci sono fili bianchi sui capelli della ragazza e rughe sul suo volto, la schiena un po’ incurvata, il passo più stanco, ma gli occhi hanno lo stesso colore di ieri e la ragazza, anche se non più a bocca aperta, sorride ancora.

E’ qui la festa?

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 31 dicembre 2009 by lunafragola

 

 

Festeggiare l’ultimo dell’anno non è mai stato molto importante per me. Fino a vent’anni andavo con mio padre il quale, da buon gaudente, amava il ballo e le feste, così ci trascinava per veglioni e balere fin dopo carnevale. Ho suonato trombette, indossato cappellini e gettato coriandoli tante di quelle volte, da bastarmi per una vita. Di quelle sere ricordo il piacere di ballare con lui il valzer, lo faceva sempre ed io volteggiavo tra le sue braccia, felice. Era un ottimo ballerino. La prima volta che andai ad un Capodanno da sola, ero emozionantissima e indossavo anche le mutande rosse e alla rovescia, tutto come si deve. Ci avevano invitato degli amici che lavoravano all’aeroporto militare di Pratica di Mare. L’aeroporto ha sempre fornito alle ragazze della mia città un’innumerevole quantità di giovani militari prestanti e doverosamente allupati e noi, che allora eravamo gggiovani, ne approfittavamo. Ma neanche quello fu un Capodanno degno di nota, perché l’unico motivo per cui lo ricordo fu che quell’anno morì mio padre. Da allora non ho mai più indossato mutande rosse. Poi ci sono stati i tanti Capodanni passati con gli amici a casa di uno o dell’altro, tutti ugualmente scontati e gli ultimi con mia madre, io e lei, tranquille e in pigiama, col nostro bicchiere di prosecco per festeggiare. Negli ultimi cinque anni il Capodanno lo passo a Viterbo, con mia sorella e mio cognato. Una volta esprimevo desideri, svolgevo tutti i riti propiziatori a portata di mano, tanto da non farmi trovare impreparata, non sia mai dovesse capitarmi qualcosa di speciale che mi cambiasse la vita.. Ora mi accontento di non avere bruciori di stomaco dopo aver mangiato, di bere del buon prosecco e di stare in compagnia. Piccole cose, serenità, niente di particolare. Ora mi accontenterei di arrivare in buona salute alla fine dell’anno prossimo, mantenendo intatti i miei affetti.

E’ l’unica cosa che mi sento di augurare a voi, miei adorati amici bloggers.

Buon Anno

e vi strabacio.

Zeppole e formaggi francesi

Posted in fragole&cioccolato with tags , on 24 dicembre 2009 by lunafragola
A Natale saremo tutti da mia cugina Nanà. Quest’anno anche Lalla, la donna di mio fratello, e la mamma saranno con noi e invece dei soliti quattro gatti, saremo almeno sei, un gran numero non c’è che dire. Col tempo la mia famiglia si è assottigliata e di membri effettivi ce ne sono ben pochi. Ziadè e i suoi figli sono una costante del rito Natalizio. La storia della nostra “parentela” sarebbe lunga da spiegare. Non siamo consanguinei, ma visto che alcuni legami sono molto più forti, tenaci e belli di quelli di sangue, la cosa non ci disturba affatto e per semplificare le cose, io considero cugini i figli di Ziadè e loro considerano cugini noi. Il legame passa attraverso Nanà, che è cugina, per parte di madre e di padre, a tutti noi. Mecco da anni vive e lavora a Parigi e non ha nessuna intenzione di tornare. Schizza è una guida turistica e lavora, sottopagata e sfruttata, per il Vaticano. Si sorbisce dosi massicce di turisti scarrozzandoli per Roma dalla mattina alla sera, per un tozzo di pane, ma ovviamente, non solo non protesta, è pure contenta, perché fa quello che le piace. I due, essendo figli di Ziadè, sono à la page, e comme il faut proprio come lei. Raffinati, cosmopoliti, coltissimi, discutono di arte, filosofia, letteratura, come altri discutono del prezzo del pane e della pasta. Mecco, inoltre, è un ottimo cuoco e gourmet, vive in una casa bellissima vicino al centro di Parigi e insegna Italiano “A l’ecòle de Quelque Chose” presso il Louvre e all’università di Chartres e scusate se è poco! Gira per l’Europa come io giro per Ardea, Albano e Pomezia, con risultati sicuramente migliori dei miei. Schizza è meno giramondo, ma si sceglie gli amici giusti e le feste giuste. Ha un aspetto delicato ed etereo, ma dentro è una jena coi profili in acciaio. Io adoro Mecco, siamo cresciuti insieme, condividiamo tantissime cose ed è lui che ha coltivato la mia passione per i libri e sempre lui mi ha legata perdutamente e irreparabilmente al mio profumo preferito, Y greque.Me lo regalò quando compii diciotto anni e da allora, mi separa da questa meravigliosa essenza solo la mancanza di denaro, per il resto, è perfetto per me. Conoscendoli solo attraverso queste parole, si potrebbe pensare che siano degli snob terribili, ricchissimi e irraggiungibili, ma non è così. Tirano la cinghia sia Mecco in Francia, che Ziadè e Schizza in Italia, però non lo danno a vedere, tutto qui.

 Per Natale Mecco ha portato salmone e formaggi francesi, degli assaggi, ma pur sempre formaggi francesi. La vigilia mangeremo l’assaggio di salmone e a Natale l’assaggio di formaggio francese. La mamma di Lalla farà le zippole o zeppole fritte. Non vedo l’ora di osservare la faccia di Schizza quando conoscerà Lalla e la mamma. L’adorabile vecchietta, ha 87 anni e racconta in loop tutte le sue vicissitudini dalla prima giovinezza ad oggi, in un calabro – romanesco di difficile interpretazione, il tutto infarcito di ringraziamenti e preci a Gesù, Giuseppe, Maria e tutti i santi del paradiso, passando per il Papa. Lalla la stupirà chiedendole se “c’ha aa maghina p’annà a lavorà” o raccontandole accorata che “ a noi c’ha rovinato l’euro “ e “ se stava mejo quanno se stava peggio”. Chissà, Schizza le potrebbe raccontare dell’ultimo vernissage al quale ha partecipato o di come ha posizionato il letto secondo il feng shui. Io mi godrò la scena pasteggiando a zippole, formaggi francesi e un buon vino italiano.

Buon Natale a tutti voi miei adorati bloggers!

A Natale saremo tutti da mia cugina Nanà. Quest’anno anche Lalla, la donna di mio fratello, e la mamma saranno con noi e invece dei soliti quattro gatti, saremo almeno sei, un gran numero non c’è che dire. Col tempo la mia famiglia si è assottigliata e di membri effettivi ce ne sono ben pochi. Ziadè e i suoi figli sono una costante del rito Natalizio. La storia della nostra “parentela” sarebbe lunga da spiegare. Non siamo consanguinei, ma visto che alcuni legami sono molto più forti, tenaci e belli di quelli di sangue, la cosa non ci disturba affatto e per semplificare le cose, io considero cugini i figli di Ziadè e loro considerano cugini noi. Il legame passa attraverso Nanà, che è cugina, per parte di madre e di padre, a tutti noi. Mecco da anni vive e lavora a Parigi e non ha nessuna intenzione di tornare. Schizza è una guida turistica e lavora, sottopagata e sfruttata, per il Vaticano. Si sorbisce dosi massicce di turisti scarrozzandoli per Roma dalla mattina alla sera, per un tozzo di pane, ma ovviamente, non solo non protesta, è pure contenta, perché fa quello che le piace. I due, essendo figli di Ziadè, sono à la page, e comme il faut proprio come lei. Raffinati, cosmopoliti, coltissimi, discutono di arte, filosofia, letteratura, come altri discutono del prezzo del pane e della pasta. Mecco, inoltre, è un ottimo cuoco e gourmet, vive in una casa bellissima vicino al centro di Parigi e insegna Italiano “A l’ecòle de Quelque Chose” presso il Louvre e all’università di Chartres e scusate se è poco! Gira per l’Europa come io giro per Ardea, Albano e Pomezia, con risultati sicuramente migliori dei miei. Schizza è meno giramondo, ma si sceglie gli amici giusti e le feste giuste. Ha un aspetto delicato ed etereo, ma dentro è una jena coi profili in acciaio. Io adoro Mecco, siamo cresciuti insieme, condividiamo tantissime cose ed è lui che ha coltivato la mia passione per i libri e sempre lui mi ha legata perdutamente e irreparabilmente al mio profumo preferito, Y greque.Me lo regalò quando compii diciotto anni e da allora, mi separa da questa meravigliosa essenza solo la mancanza di denaro, per il resto, è perfetto per me. Conoscendoli solo attraverso queste parole, si potrebbe pensare che siano degli snob terribili, ricchissimi e irraggiungibili, ma non è così. Tirano la cinghia sia Mecco in Francia, che Ziadè e Schizza in Italia, però non lo danno a vedere, tutto qui.

 Per Natale Mecco ha portato salmone e formaggi francesi, degli assaggi, ma pur sempre formaggi francesi. La vigilia mangeremo l’assaggio di salmone e a Natale l’assaggio di formaggio francese. La mamma di Lalla farà le zippole o zeppole fritte. Non vedo l’ora di osservare la faccia di Schizza quando conoscerà Lalla e la mamma. L’adorabile vecchietta, ha 87 anni e racconta in loop tutte le sue vicissitudini dalla prima giovinezza ad oggi, in un calabro – romanesco di difficile interpretazione, il tutto infarcito di ringraziamenti e preci a Gesù, Giuseppe, Maria e tutti i santi del paradiso, passando per il Papa. Lalla la stupirà chiedendole se “c’ha aa maghina p’annà a lavorà” o raccontandole accorata che “ a noi c’ha rovinato l’euro “ e “ se stava mejo quanno se stava peggio”. Chissà, Schizza le potrebbe raccontare dell’ultimo vernissage al quale ha partecipato o di come ha posizionato il letto secondo il feng shui. Io mi godrò la scena pasteggiando a zippole, formaggi francesi e un buon vino italiano.

Buon Natale a tutti voi miei adorati amici bloggers!